La ventesima "Due Giorni di Romagna" tra Cesenatico, Ravenna e Bagnacavallo. Articolo di Anna Cavallo

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Di Anna Cavallo. Tratto da: Risveglio Duemila n. 34, 21 settembre 2013. Foto di Roberto Aguzzoni


Si è svolta, nelle giornate del 6 e 7 settembre, la Due Giorni Romagna, carovana giornalistica organizzata dall’Associazione Interregionale Giornalisti su Agricoltura Alimentazione Ambiente (Arga), organizzata da Andrea Guolo, Roberto Zalambani e Roberto Aguzzoni, che quest’anno ha interessato le località di Cesenatico, S. Alberto, Mandriole e Villanova di Bagnacavallo. A Cesenatico è stata dedicata l’intera giornata del 6, visitando il Mercato ittico, i laboratori del Centro Ricerche Marine, dove si è tenuto l’incontro con il presidente e il direttore del Centro, Attilio Rinaldi e Anna Milandri, mentre per Arpa, istituto che studia l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, è intervenuta la direttrice Carla Rita Ferrari, poi la giornata si è conclusa con la visita al Museo della Marineria. Sabato 7 il gruppo si è trasferito a Sant’ Alberto, paese collocato nelle vicinanze del Delta del Po, uno dei siti naturalistici di maggiore interesse a livello europeo per la eccezionale biodiversità dell’avifauna e, all’interno del Palazzone, che ospita il Museo Ornitologico e di Scienze naturali Alfredo Brandolini, si è svolto l’incontro con gli operatori del museo, della cooperativa Atlantide e dei volontari della cooperativa culturale “S. Alberto un paese vuole conoscersi”, poi ci si è spostati verso Mandriole per una rapida visita al Museo di Anita Garibaldi; per concludere ci si è diretti al nuovo Ecomuseo delle Erbe Palustri di Villanova nei pressi del quale era in corso la tradizionale sagra. Riportiamo di seguito una sintesi della seconda giornata.

Palazzone di S. Alberto. Il palazzo, che risale al ‘500 ed era di proprietà della famiglia degli Estensi, era in origine utilizzato come magazzino per le derrate alimentari. Il termine dispregiativo di palazzone gli fu affibbiato a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, quando per un certo periodo venne adibito ad alloggio popolare e conobbe il degrado, dal quale fu successivamente riscattato grazie all’acquisto dell’edificio da parte delle cooperative attive sul territorio che lo cedettero al Comune perché lo trasformasse in un centro culturale. Furono le stesse cooperative che nel 1978, dopo aver portato avanti, dagli anni del Dopoguerra, una intensa ricerca sulla storia del paese, realizzata anche grazie al contributo di cartoline e oggetti provenienti dalle case private degli abitanti, diedero vita all’associazione “S. Alberto un paese vuole conoscersi”. S. Alberto, in effetti, pur essendo collocato geograficamente in un cul de sac, come ha precisato lo stesso Giuseppe Paolo Belletti, attuale presidente dell’associazione, oltre al grande patrimonio naturalistico che gli deriva dalla vicinanza al Delta del Po, vanta di aver avuto come cittadino Olindo Guerrini (1845-1916) intellettuale di spicco, bibliotecario, amico di Giosuè Carducci e Corrado Ricci, consigliere comunale a Ravenna, autore di sonetti in dialetto romagnolo, di testi per musiche e di un manuale sull’arte di utilizzare gli avanzi in cucina, appassionato di bicicletta e di fotografia. Fu lui a istituire, in paese, la biblioteca circolante, in un’epoca di forte disagio economico e sociale, in cui era diffusa la malaria e le condizioni di vita dei braccianti erano spaventose. A lui S. Alberto dedicherà una serie di iniziative in preparazione alle celebrazioni del centenario della morte, nel 2016.

Museo di Mandriole. Qui nel 1849 morì Anita, colpita dalla malaria mentre era in marcia con Garibaldi e i suoi seguaci che tentavano di raggiungere Venezia, inseguiti dagli austriaci. Il museo si trova all’interno della Fattoria Guiccioli, la casa in cui la donna venne portata, ormai morente; al piano di sopra si trova la stanzetta con il letto dove spirò, mentre, sempre al piano di sopra ma nell’atrio, è possibile ammirare un dipinto di notevoli dimensioni, intitolato La morte di Anita, del 1904, di G. Grasso, proveniente dal Museo di Porta San Pancrazio di Roma che rimarrà esposto fino al prossimo 31 dicembre. Al piano di sotto, all’interno di una teca, sono conservati gli indumenti della celebre coppia: le camicie rosse, gli stivali, gli scarponi, il tascapane etc…  mentre all’esterno si trova un busto di Anita realizzato dallo scultore Giannantonio Bucci. Il corpo di Anita rimase a Mandriole fino al 1859 quando Garibaldi tornò a prelevarlo per portarlo a Nizza, ma nel 1931 le sue spoglie sono state deposte ai piedi del monumento del Gianicolo a Roma, accanto a quelle del suo compagno. Il museo e la fattoria sono gestiti dalla Fondazione delle Cooperative della Provincia di Ravenna.

Villanova di Bagnacavallo. L’ultima tappa della carovana è stato un altro piccolo paese particolarmente avvantaggiato da madre natura: in questa zona molto umida erano infatti numerose le foreste allagate che hanno favorito una fitta vegetazione palustre che le prime comunità locali, che risalgono al ‘500, riuscivano a sfruttare attraverso un’intensa attività di artigianato realizzata con i giunchi prelevati da queste foreste. Inizialmente vengono costruiti solamente strumenti per la pesca e successivamente il territorio viene bonificato e le attività cessano. Poi, nel 1839, con la rottura dell’argine del fiume Lamone e la conseguente cassa di colmata del fiume stesso, un lago artificiale delimitato dagli argini che viene realizzato per contenere le acque, esse riprendono fino a diventare un lavoro permanente che investe l’intera comunità e caratterizza il territorio, tant’è vero che nei primi anni del secolo scorso la vasta produzione artigianale che interessa oggetti di uso quotidiano inizia ad essere esportata all’estero. Un’altra crisi, però, incombe su Villanova, a causa delle due guerre, finché tra il 1958 e il 1963, grazie alla produzione di borsette in giunco, si raggiunge una produzione di 70.000 articoli, ma quando arriva la plastica sul mercato ecco un’altra crisi dei manufatti. La situazione attuale è caratterizzata dalla costruzione di un museo su quattro piani e da una produzione di qualità ed ecosostenibile che riesce a sopravvivere e ad essere conosciuta grazie all’attività dei volontari dell’associazione culturale Civiltà erbe palustri, i quali però lamentano la mancanza di una politica gestionale unitaria per gli insediamenti urbani collocati nei pressi dei fiumi, mentre in altri Paesi dell’Europa, attraverso i contratti di fiume, tutto ciò è già stato realizzato con successo.

Anna Cavallo

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