Cambiamento climatico e desertificazione, come combatterli?

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Servono decisioni e provvedimenti importanti da parte del Governo e degli organi preposti. Ma anche il cittadino dovrà adeguare il suo modo di vivere

 

di Alessandro Maresca

“Abbiamo concluso una difficile annata agraria, che già guardiamo con apprensione alla prossima. Non può certo bastare qualche pioggia e debole nevicata a risolvere una situazione di deficit idrico, che si protrae da molti mesi. I dati confermano una situazione, che rimane complessa su molte zone del Paese”. Chi parla (siamo a fine novembre) è Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi)

La situazione permane preoccupante perché finora è caduta mediamente la metà della pioggia che cade sull’Italia nello stesso periodo. Le situazioni più evidenti si palesano nel Nord del Paese, dove umidità, qualche pioggia e un po’ di neve offrono una percezione alterata della realtà. Non dimentichiamoci che la portata del Po si conferma di fatto sotto media ormai ininterrottamente da dicembre 2020 segnando nuovi record negativi per buona parte del 2022.

Anche i grandi bacini settentrionali continuano a evidenziare segnali di sofferenza. Queste indicazioni destano forti preoccupazioni, se si considera che, nel 2021, l’autunno era stato l’unico periodo, in cui gli acquiferi avevano avuto modo di ricaricarsi dopo un’estate arida e prima della lunga stagione siccitosa, che non è terminata. Se dovessero perdurare le attuali condizioni, il timore è che il 2023 sia un anno ancora più difficile per le riserve idriche del Paese.

“Finora l’attuale stagione sta deludendo le speranze di recupero per una situazione idrologica gravemente compromessa e del cui cambiamento si fa fatica a prendere atto, assumendo decisioni conseguenti – evidenzia Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - L’estate 2022 rappresenta una linea di confine per l’Italia davanti a una crisi climatica, cui si deve rispondere anche con nuove infrastrutture multifunzionali, capaci di trattenere le acque, aumentando la resilienza di comunità e territori. Il Piano Laghetti, il Piano Invasi, il Piano di Efficientamento della Rete Idrica sono strumenti, in gran parte cantierabili, che mettiamo a servizio del Paese e del suo Governo”.

Dobbiamo essere consapevoli che ci troviamo di fronte a una situazione eccezionale e si concretizza sempre di più la necessità di attrezzarsi per affrontare in modo adeguato le conseguenze del cambiamento climatico.

 

Le competenze

 

“Tutto quello che si può fare sta sotto il titolo “Politiche e azioni per l’adattamento climatico” – afferma Alessandro Bratti, segretario generale dell'Autorità distrettuale del Fiume Po -. Queste sono fatte di due parti. la prima prevede una dotazione “infrastrutturale”: mi riferisco al piano invasi, al piano laghetti, alle opere di manutenzione, ad interventi di ingegneria naturalistica. Tutto ciò avendo ben presente che non esiste un’unica soluzione per tutti i territori. La seconda parte prevede invece interventi sulla governance del sistema, oggi troppo frammentata. È necessario essere chiari riguardo la responsabilità e le competenze dei vari enti che intervengono sulla gestione dell’acqua. Qui occorre intervenire normativamente e spero che il nuovo Parlamento affronti il problema con serietà e competenza: sicuramente la combinazione di un serio intervento infrastrutturale e normativo può rendere l’ambiente più resiliente e resistente alle conseguenze del cambiamento climatico”.

Nonostante i problemi della siccità, nella scorsa estate quasi tutti gli agricoltori che avevano un’adeguata strutturazione irrigua sono stati riforniti di acqua.

“E’ vero – conferma Bratti - ci sono state produzioni, come il pomodoro, che hanno avuto pochi problemi, altre che invece che sono state pesantemente danneggiate. Sicuramente dove c’è un’infrastrutturazione irrigua adeguata è stato più facile contrastare le situazioni di emergenza. Di acqua, nonostante la siccità, per il momento ce n’è ancora per poter sostenere l’attività agricola. Il problema è che progressivamente la situazione di siccità rischia di peggiorare. Già adesso abbiamo dei dati rispetto alle falde più superficiali del bacino assolutamente preoccupanti. È necessario che tutti inizino a ragionare pensando che questa situazione non è “una tantum”. Quindi occorre agire su diversi livelli: governance, infrastrutture, tipologia di colture, innovazione tecnologiche. Il tutto in una situazione in cui il costo dell’energia elettrica diventa un nuovo elemento di criticità che non può non essere considerato”.

Ricordiamo che nel corso di questa estate, il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza in cinque regioni a causa della crescente siccità. Basta aver visto le immagini del Po per capire quanto sia stata drammatica la situazione.

 

Desertificazione

 

In questo contesto da diverso tempo è stato lanciato l’allarme desertificazione; inizialmente in particolare nel Sud Italia. Regioni quali Sicilia, Puglia e Sardegna sono da tempo riconosciute come altamente vulnerabili alla desertificazione e ora stanno incominciando ad affrontare le prime fasi di questo processo. Ma la minaccia si estende a tutto il Paese, interessando anche i terreni fertili del Veneto, del basso Piemonte e dell’Emilia-Romagna. Le statistiche rilevano che ad oggi ben il 28% del territorio nazionale è a rischio desertificazione

Numerosi fattori contribuiscono al problema ‒ salinizzazione, erosione dell’acqua, urbanizzazione selvaggia, inquinamento e tecniche agricole non sempre adeguate‒, mentre la crisi climatica tende ad accelerare questi tempi.

La desertificazione è legata alla quantità di sostanza organica contenuta nel terreno. Nei Paesi del Mediterraneo il contenuto medio di sostanza organica si aggira intorno all’1,5%. Si stima che in Italia oltre l’85% della superficie totale dei suoli sia caratterizzata da valori di carbonio organico inferiori al 2%: limite di poco superiore alla soglia di rischio “desertificazione”.

Una cosa è certa: al di là delle strategie pubbliche per ridurre il consumo di acqua e salvaguardare l’integrità del suolo, sarà fondamentale cambiare il nostro modo di vivere e alimentarci, in quanto la siccità e la desertificazione non incidono solo sul rischio, ad esempio, di gravi incendi, ma anche sul nostro accesso a risorse essenziali come acqua e cibo.

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