Nuove abitudini alimentari, non sempre migliori

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Cibi green e cibi “senza”, vegan e vegetariani. Hamburger di insetti alla Coop svizzera

di Alessansdro Maresca

Gli italiani tendono a mangiare meno, ma allo stesso tempo mangiano anche molto meglio. Inoltre sono sempre più attenti alla sostenibilità delle produzioni alimentari e si indirizzano verso prodotti a basso impatto come quelli biologici e biodinamici. E in questo contesto tendono a sperimentare, e molte volte a inserire nella loro dieta, molti nuovi (o ripescati) alimenti, dallo zenzero alla curcuma, dei quali vanno riscoprendo le qualità nutraceutiche. 
Questo è il quadro che emerge da un rapporto  presentato recentemente dalla Coop nel quale si evidenzia che gli italiani, pur essendo mediamente più poveri rispetto al passato, rivelano un animo più green & healty (verde e salutare). Sono anche diventati i più magri d’Europa, prediligendo cibi light (leggeri) all’insegna di uno stile alimentare clean (pulito). Un taglio netto è stato dato all’uso della carne (-13% in sei anni, ma forse è anche una questione economica…) e si consumano meno vino e derivati di cereali, come pasta e pane.
Gli italiani, inoltre, mangiano più pesce e frutta (fresca e secca) e preferiscono lo zucchero di canna rispetto a quello raffinato così come il latte HD (alta digeribilità) e i prodotti “senza” (senza sale, glutine, lattosio, ecc., ma su questo ci torneremo più avanti). Stanno inoltre arrivando sulle nostre tavole alimenti un tempo quasi sconosciuti (in particolare spezie, un tempo considerate “esotiche”), che hanno registrato una notevole crescita nel giro d’affari (zenzero +141% e curcuma +93%). Inoltre piace sempre di più il cibo etnico, in crescita quasi del 10%. Si consolida poi l’appeal del biologico, che continua a crescere a due cifre (ormai da 5 anni), e si fa più diffusa l’attenzione all’ambiente, tanto che circa un terzo dei consumatori sceglie i prodotti in base alla loro sostenibilità rispetto al territorio.
L’attenzione al corpo e al benessere si evidenzia anche nell’utilizzo di pillole, integratori e beveroni che generano nel nostro Paese un fatturato di più di 2,5 miliardi di euro. In tutto questo contesto emergono però alcune zone d’ombra. Tendiamo infatti a consumare più  farmaci per l’ansia e il sonno (10% in più della media europea), mentre il 31,9% ha dichiarato di aver fatto uso almeno una volta di cannabis e il 7,6%  di aver assunto cocaina almeno una volta. 
L’esigenza di salutismo degli italiani si rispecchia anche nello sport. Sono infatti 20 milioni gli italiani che praticano attività fisica regolarmente, mentre altri due milioni si dedicano allo yoga o altre “ginnastiche rilassanti”, il doppio rispetto a cinque anni fa. 
Ma torniamo all’alimentazione.
Oggi il consumatore è bombardato da una maggiore quantità di informazioni e quindi riesce a scegliere e valutare meglio gli alimenti e, come conferma il rapporto Coop, a mangiare meglio. Allo stesso tempo deve però essere in grado di scremare le informazioni visto che, specie dal canale internet, si fanno strada anche moltissime sciocchezze.
Una volta i cibi erano ricchi di ingredienti, oggi, invece, vanno di moda i cibi “senza” (che tristezza!). Senza latte, lattosio, uova, zucchero, glutine e via dicendo.
Fra questi, quelli senza glutine stanno diventando una vera e proprio moda. Ma chi non ricorda la “pastina glutinata Buitoni”? Si trattava di un alimento ricco di proteine che, grazie a questa caratteristica aiutava i bambini nella crescita e lo sviluppo.
Attenzione, dunque, scegliere cibi senza glutine è assolutamente inutile (oltre che “dannoso” al portafoglio!) se non si è celiaci o intolleranti. (Solo una verifica medica diagnostica può avallare la presenza di celiachia o intolleranza al glutine, e se si riscontrano certi sintomi è importante verificare). Uno studio partito dagli Stati Uniti, paese in cui questa tendenza è dilagante, si evidenzia che il numero di persone intolleranti risulta inferiore alla crescita esponenziale nei consumi di prodotti gluten-free.
Inoltre non tutti sanno che, talora, questi alimenti vengono addizionati con oli vegetali polinsaturi in modo da renderli più appetitosi; i celiaci dovrebbero leggere con attenzione le etichette ed evitare gli alimenti con un contenuto di grassi superiore al 20-30%. 
Allo stesso modo un accanimento all’eliminazione di altri componenti dei cibi deve essere effettuato solo se il nostro organismo soffre della loro presenza.
Ma la moda è moda, e il marketing di molte aziende agroalimentari la cavalca…
Saltiamo rapidamente a vegetariani e vegani, premettendo che tutte le scelte sono da rispettare purchè in queste si riscontri la piena onestà intellettuale.
L’uomo è un animale onnivoro ed è quindi in grado di assumere sia cibi animali che vegetali. Pur non essendo obbligato a mangiare solo carne, l’assunzione di questa, anche in modeste quantità (anzi sicuramente meglio in quantità non eccessive), è sicuramente preferibile per assumere tutte le sostanze di cui ha bisogno per vivere bene. 
Mangiare esclusivamente frutta e verdura può essere una cosa positiva, ma non si può dire che non comporti qualche rischio. L’esclusione totale di grassi e proteine di natura animale, che se in eccesso possono danneggiare l’organismo, può creare problemi al nostro metabolismo. Basta pensare ai grassi essenziali presenti nelle carni di pesce. Ma anche al ferro, allo zinco, al calcio, e soprattutto alla vitamina B12, tutti principi nutritivi che nei vegetali si trovano in quantità limitata. Ok, dunque, a una dieta vegetariana ma solo se questa è equilibrata e bilanciata in modo da garantire l’assunzione di tutti gli elementi di cui abbiamo bisogno per rimanere in salute.
Quello che non è assolutamente ammissibile, è dare a cibi vegetariani o più spesso vegani i nomi di un “corrispondente” cibo convenzionale. C’è da inorridirsi a sentir parlare di mortadella o salame vegan, hamburger o wurstel vegetariano. (E il Sana, il salone dei prodotti naturali che si svolge ogni anno a settembre presso la Fiera Bologna, è ricchissimo di questi terribili esempi).
Delle due l’una. O il vegano/vegetariano vuole illudersi di mangiare un cibo convenzionale e quindi la sua non è più una scelta di principio, ma piuttosto quella del “vorrei ma non posso” e s’inventa l’alternativa vegetale al cibo di origine animale. Oppure tenta di trovare “proseliti” al suo tipo di alimentazione facendo credere che sia possibile mangiare, per esempio, anche bistecche non animali (magari di soia). Nell’uno e nell’atro caso mi sembra che siano fuori strada.
Sicuramente quando tutti i prodotti vegan e vegetariani verranno esclusivamente chiamati col loro nome (tofu, seitan, tempeh…) le “correnti alimentari alternative” potranno essere prese maggiormente sul serio.
In Svizzera, intanto, le autorità hanno dato il via libera alla vendita di insetti ad uso alimentare. La Coop elvetica ha annunciato l’introduzione nella primavera 2017 di una nuova linea di hamburger e polpette a base di insetti. Le motivazioni per incentivare questa curiosa abitudine alimentare, oggi condivisa da circa 2 miliardi di persone nel mondo, sono tutt’altro che bizzarre: gli insetti commestibili contengono infatti  proteine, vitamine e minerali. C’è poi l’aspetto della sostenibilità, cruciale in un mondo che tra una trentina di anni sarà popolato da 9 miliardi di abitanti: l’allevamento degli insetti richiede infatti poca acqua e cibo e riduce al minimo le emissioni di gas serra. In più sembra che il gusto non sia affatto male. In Europa resta però una grande incognita sul futuro commerciale di questi prodotti, nonostante molte start-up stiano scommettendo sul settore.
L’alimentazione dunque cambia e aumentano le fonti per poter disporre di tutti i dati necessari per impostare un piano di corretta nutrizione. La moda però, sostenuta spesso da improbabili opinin leader, purtoppo è ancora quella che domina il mercato e che spinge il consumatore a fare le sue scelte.

Alla fine non sarà tanto la nostra salute a trarne vantaggio, quanto gli operatori commerciali e i produttori che sapranno “cavalcare” il mercato.

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