L’agricoltura cambia volto
Le
campagne si spopolano e vengono invase da sofisticate macchine e
attrezzature di elevata produttività. E presto gli agricoltori
saranno sostituiti da robot
di
Alessandro Maresca
C’era
una volta l’agricoltura. Quella con gli agricoltori con la zappa e
con l’aratro trainato dai buoi o dai cavalli. Il mondo rurale
rappresentava il tessuto vitale del nostro Paese e i contadini il
serbatoio dei voti per i nostri politici. Poi le cose sono cambiate…
L’introduzione
del trattore, fra la prima e la seconda guerra mondiale, e poi delle
grandi macchine operatrici semoventi, dopo la seconda guerra
mondiale, ha creato i presupposti per un grosso sviluppo
dell’agricoltura, favorendo l’incremento della produttività del
singolo agricoltore, ma allo stesso tempo ha anche incentivato
l’esodo dalle campagne. Una macchina è in grado infatti di fare il
lavoro di diversi uomini e quindi la quantità di manodopera
necessaria si è drasticamente ridotta.
Comunque
sia l’agricoltura rimaneva un’operazione che vedeva il lavoro
dell’uomo al centro. L’agricoltore infatti, grazie alla sua
esperienza maturata nel mondo rurale e a quella tramandata dalla
famiglia, coordinava e gestiva tutte le operazioni di campagna. Allo
stesso tempo doveva subire l’aleatorietà dell’andamento
meteorico (caldo e siccità da una parte, freddo, forti piogge e
alluvioni dall’altra), che rischiava di azzerare le produzioni e di
andare a vanificare il suo lavoro e gli investimenti in sementi,
concimi, fitofarmaci ecc.
L’agricoltore
rappresentava anche il tutore del territorio, che veniva difeso con
opere di bonifica, inerbimenti e forestazione. E questo non solo a
tutela della comunità rurale ma, allo stesso tempo, anche di quella
cittadina. I grandi dissesti idrogeologici, infatti, sono in buona
parte anche la conseguenza dell’abbandono delle campagne e quindi
della realizzazione e della manutenzione di tutte le opere di
sistemazione del terreno e della regimazione delle acque.
Adesso,
e parliamo in particolare degli ultimi dieci anni, con una forte
accelerazione negli ultimi 2-3, le cose stanno ulteriormente
cambiando. L’agricoltura tradizionale, così come l’abbiamo
conosciuta e studiata, sta lasciando il posto ad un’agricoltura
sempre più industrializzata. Chimica e genetica da una parte,
meccanizzazione e automazione dall’altra, hanno spinto
sull’acceleratore fornendo soluzioni tecnologiche talmente
innovative da cambiare radicalmente il volto all’agricoltura.
Presto (ma già adesso è possibile e in parte viene fatto) l’uomo
gestirà tutto il lavoro dei campi direttamente dalla propria casa,
seduto di fronte a un computer. Droni (minielicotteri con funzioni
speciali) e macchine robotizzate stanno intanto invadendo i campi
lasciando praticamente all’uomo solo la scelta della coltura da
praticare. Ma il computer potrebbe già adesso decidere anche questo,
elaborando i dati dell’andamento climatico-meteorologico e
analizzando i numeri dei mercati, ormai globalizzati.
Nonostante
questo le pubblicità di prodotti alimentari insistono a trasmetterci
un messaggio in cui l’agricoltura è ancora fatta da paesaggi
bucolici e “mulini bianchi”…. Quell’agricoltura, se ancora
esiste, come esiste, da qualche parte, è assolutamente fuori
mercato.
Già
oggi gli impianti di irrigazione sia fissi che mobili (semoventi)
possono essere sorvegliati e comandati da pc, tablet o smartphone
per avviarne, bloccarne o gestirne il funzionamento. Non si guarda
più il cielo per decidere quando irrigare ma l’avviso di mettere
in funzione l’impianto irriguo arriva sul telefonino da centraline
meteorologiche piazzate sul territorio. In altri casi, invece,
perviene sullo smartphone, in genere da servizi messi a disposizione
dalle Regioni, un avviso che avverte della necessità di irrigare e
che segnala la quantità d’acqua da distribuire in funzione della
coltura praticata. Ovviamente, almeno in teoria, tutto il ciclo si
può compiere senza che l’agricoltore debba muovere un dito.
Il
grande pregio dell’innovazione, forse non colto da tutti, è quello
di rendere minimo l’impatto dell’agricoltura sul territorio. Una
volta, ad esempio, si concimava sulla base della pratica empirica,
tendendo, quando possibile, ad esagerare, sperando nel massimo
assorbimento del nutrimento da parte della pianta che le permettesse
di produrre di più.
Oggi,
invece, niente viene lasciato al caso, almeno nelle aziende che
vogliono rimanere competitive sul mercato. Nelle grandi aziende (ma
sempre di più anche nelle medie e piccole) tutto il territorio viene
mappato con l’uso dei gps (collegamento via satellite). Le mappe
georeferenziate, che riportano la tipologia del terreno e le rese
produttive, vengono poi utilizzate da centraline che, montate sullo
spandiconcime, permettono di dosare la quantità del fertilizzante
distribuito in funzione della specifica necessità, zona per zona.
Lo
stesso si può dire per gli agrofarmaci distribuiti con attrezzature
che minimizzano la dispersione dei prodotti nell’ambiente grazie a
getti mirati e a recupero del prodotto distribuito in eccesso. Anche
in questo caso la distribuzione dei prodotti chimici viene fatta
quando ce n’è realmente bisogno senza esagerare con le dosi.
D’altra parte, al di là della questione ambientale sicuramente
molto importante, usare più prodotto del necessario fa incrementare
i costi di produzione. Tenendo conto anche della recente impennata
dei costi dei mezzi tecnici per l’agricoltura è ragionevole
impiegare solo quantità di prodotti necessari.
Le
macchine agricole hanno raggiunto un livello tale di automazione che
il conducente, dopo avere impostato su una tastiera le operazioni da
compiere, si limita quasi esclusivamente al controllo di una corretta
esecuzione delle stesse. Sono già in fase di test (quindi siamo
oltre la sperimentazione) macchine teleguidate e robotizzate in grado
di sostituire quasi completamente il lavoro dell’uomo.
Negli
Stati Uniti, dove l’agricoltura viene praticata su territori
smisurati a perdita d’occhio, in genere privi di ostacoli naturali,
la sperimentazione è in una fase più avanzata rispetto all’Italia,
ma già sono disponibili mezzi meccanici agricoli in grado di
muoversi autonomamente e con destrezza anche in spazi ristretti.
E
dove non può arrivare con i mezzi tecnici, l’uomo tenta di
sfruttare al massimo le caratteristiche genetiche delle piante,
operando una spinta selezione delle varietà in funzione di risultati
produttivi sempre più brillanti. Innanzi tutto la resa, ma anche la
resistenza alla siccità o, dall’altra parte, a una eccessiva
quantità d’acqua nel terreno. E anche la resistenza agli insetti,
almeno in parte, può essere sviluppata con la selezione. Se poi la
selezione con i metodi naturali non è sufficiente, allora scende in
campo, come scorciatoia, la modificazione genetica. In Italia, per
ora, le coltivazioni di organismi geneticamente modificati sono
vietate per legge, ma nel mondo stanno crescendo. Nel 2014 hanno
raggiunto infatti i 181,5 milioni di ettari, 6 milioni in più
rispetto all’anno precedente, diventando una prassi abituale per 18
milioni di agricoltori di 28 Paesi.
Anche
in zootecnia, settore in perenne difficoltà, l’innovazione
tecnologica sta facendo grandi passi. Nelle grandi stalle la
mungitura è ormai robotizzata e gli animali, riconosciuti tramite
microchip sottocutaneo, vengono nutriti con razioni specifiche in
funzione delle loro destinazione produttiva. Anche qui il singolo
animale può essere esaminato a distanza con pc, tablet o smartphone
per avere sempre sotto controllo la situazione di tutta la stalla.
C’era
una volta l’agricoltura…
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