La Cina apre alla mortadella e ai salumi cotti italiani

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ALIMENTARE: COLDIRETTI, BENE OK CINA A MORTADELLA
CONTRIBUIRA’ A RECUPERO DEFICIT BILANCIA AGROALIMENTARE EMILIA ROMAGNA
 
Il via libera della Cina alle importazioni di mortadella, cotechino, zampone e in generale di salumi cotti, potrà contribuire a ridurre il deficit della bilancia agroalimentare della regione Emilia Romagna. E’ quanto afferma Coldiretti regionale in merito l'apertura del mercato cinese ai prodotti cotti della salumeria italiana. Secondo i dati dell’Osservatorio Agroalimentare, nel 2012 il saldo con l’estero dell’Emilia Romagna è stato negativo per 1.271 milioni di euro, a causa delle importazioni (6.359 milioni di Euro) superiori alle esportazioni (5.088 milioni).
Anche se l’export di carni suine preparate (eccetto prosciutti, salsicce e salami “crudi”) con 311 milioni di export rappresenta una componente minimale rispetto agli oltre 5.000 milioni di prodotti agroalimentari che dalla nostra regione vanno all’estero, il via libera a mortadella e cotechino dovrebbe contribuire ad aumentare ulteriormente le vendite in Cina dei prodotti italiani, in generale, e dell’Emilia Romagna in particolare.
Secondo Coldiretti Emilia Romagna, il via libera contribuirà anche a porre un freno al fenomeno dell’italian sounding e all’affermazione di finti prodotti made in Italy favorita proprio dall’embargo su quelli veri. Affinché l’apertura del gigante asiatico – sottolinea Coldiretti – porti degli effettivi vantaggi all’economia nazionale e regionale occorre però anche che la filiera suinicola italiana sia messa in trasparenza, evitando di spacciare per made in Italy salumi fatti con maiali tedeschi o olandesi, le cui cosce vengono spesso utilizzate proprio per produrre prosciutto cotto. Una situazione favorita dall’inerzia dell’Unione Europea che, nonostante gli allarmi sanitari avvenuti negli anni scorsi in Europa, non intende ancora estendere con un regolamento l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne di maiale impiegata nei salumi, al pari di quanto è stato fatto con quella bovina dopo l’emergenza mucca pazza.
 

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