Energie rinnovabili contro l'agricoltura, dura posizione di Confagricoltura
COMUNICATO STAMPA
RINNOVABILI, IN EMILIA ROMAGNA RISCHIO CHIUSURA PER 300
AZIENDE AGRICOLE SOLO TRA LE ASSOCIATE A CONFAGRICOLTURA
GARAGNANI
“È IRRESPONSABILE E PRIVA DI OGNI LOGICA, LA POLITICA DELL’ATTUALE
GOVERNO CHE INTENDE COLPIRE ANCORA UNA VOLTA LE RINNOVABILI.
NO ALLA RIMODULAZIONE DEGLI INCENTIVI PER IL FOTOVOLTAICO”
Bologna, 25 luglio 2014 -
“È
irresponsabile e priva di ogni logica, la politica dell’attuale Governo
che intende colpire ancora una volta le rinnovabili, estremamente
rilevanti anche per l’agricoltura. Dopo l'abbattimento
dei prezzi minimi garantiti attraverso la loro equiparazione ai prezzi
zonali medi – contro cui hanno fatto ricorso circa 150 aziende associate
a Confagricoltura Emilia Romagna - e la tassazione della produzione di
energia riconducibile alle imprese agricole,
ora tocca alla rimodulazione degli incentivi che coinvolge
obbligatoriamente gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200
kW e che a breve potrebbe interessare le altre fonti rinnovabili”. È
questa la ferma presa di posizione del presidente di Confagricoltura
Emilia Romagna, Guglielmo Garagnani, in merito al dibattito creatosi
intorno al decreto “spalma-incentivi”.
“Solo in Emilia Romagna – tiene a precisare Garagnani – sono a rischio 300 aziende agricole tra le nostre associate”.
Confagricoltura
chiede pertanto alle Commissioni riunite Industria ed Ambiente del
Senato di intervenire in sede di conversione
in legge del decreto legge 91/14 (Competitività), sopprimendo l’art.26
che prevede la rimodulazione obbligatoria degli incentivi per il
fotovoltaico, che provocherebbe effetti devastanti sull’intero settore
ed in particolare sulle imprese agricole.
Anche
perché le proposte di emendamento di modifica dell’art.26, in
discussione al Senato, non solo non migliorerebbero l’attuale
impostazione, ma in alcuni casi la peggiorerebbero.
In sintesi: l’art.26 introduce una serie di disposizioni fortemente
penalizzanti per i produttori di energia fotovoltaica ed in generale per
il settore delle energie rinnovabili a fronte di una ipotesi, ancora
incerta, di risparmio della spesa energetica
per le PMI (si stima che meno del 15% delle imprese italiane potrebbe
beneficiare della misura), così come espresso nell’Audizione del 2
Luglio 2014 delle Commissioni 10° e 13° del Senato della Repubblica.
Queste
disposizioni palesemente retroattive inciderebbero tra l’altro su
contratti di diritto privato già
stipulati - così come sostenuto anche dal Presidente emerito della
Corte Costituzionale Valerio Onida - costringendo le imprese a
rinegoziare con gli Istituti di credito condizioni di finanziamento di
certo più onerose rispetto alle originali.
A
pagare il prezzo più alto sono dunque gli imprenditori agricoli: fino
allo scorso aprile, tali impianti erano riconducibili al
reddito agrario; motivo per cui gli imprenditori agricoli, spinti sia
dall’esigenza di diversificare i propri redditi che dalle normative
esistenti atte a garantire il raggiungimento degli impegni sottoscritti a
livello internazionale dallo Stato, hanno investito
in innovazione ed energia verde, utilizzando legittimamente uno
strumento di incentivazione dello Stato che oggi, nonostante i contratti
siglati con il Gestore dei Servizi Energetici, rischiano di veder
fallire non solo l’attività energetica, ma più in generale
l’azienda.
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