Apimell, allarme degli apicoltori: il settore è a rischio
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PIACENZA - Taglio alla burocrazia che rende sempre più difficile lavorare, lotta serrata al predatore Vespa Velutina, tutela della biodiversità dell’ape italiana, richiesta di garanzie per l’origine italiana di un miele di qualità che ha visto la produzione balzare a 23.000 tonnellate attuali dalle 8.000 del 2008, attenzione al commercio di api regine che spesso arrivano dall’estero o vengono trasferite all’interno del nostro Paese, l’irruzione della genetica nella “costruzione” di api più rispondenti alle esigenze del mercato. Non ultimi, sono stati affrontati i temi dell’Albo nazionale, del marchi di tutela della api italiane e del sostegno del ministero delle Politiche agricole.
Sono alcuni dei principali argomenti di cui si è discusso nel convegno, organizzato dalla Fai, “Salviamo l’ape italiana – Le regole della genetica e il valore della biodiversità» che si è svolto domenica mattina all’interno di Apimell, la prestigiosa fiera di settore che si è tenuta a PiacenzaExpo. Quest’anno, erano presenti anche delegazioni provenienti da Germania, Gran Bretagna e Belgio, segno del respiro europeo dell’evento. Per la prima volta il convegno è sbarcato sul web con una diretta streaming.
SALVIAMO IL PATRIMONIO Il presidente Fai Raffaele Cirone – al convegno erano presenti anche le rappresentanze delle altre due associazioni, Unapi e Anai – ha ricordato come la legge 313 sancisca l’importante principio delle razze, considerate bene di interesse nazionale. «Questo è un giacimento ricchissimo – ha affermato nella sala convegni con un pubblico da tutto esaurito – ma da tempo è sottoposto a un’erosione genetica. Occorre intervenire, perché ne va della sopravvivenza dei nostri alveari».
GLI INTERVENTI La peculiarità sulla genetica della colonia d’api – in Italia la razza principale è la Ligustica - è stata tratteggiata da Marco Lodesani, direttore dell’Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra-Api). I principali nemici dell’apicoltura, oggi, sono la perdita della biodiversità, il nomadismo, il nomadismo delle regine. Le regine vengono portate al Sud che sfrutta la precocità e poi vengono rivendute al Nord. In Europa la minaccia arriva dalla diversità genetica (l’esempio è l’ibrido della Buckfast). Lodesani ha chiesto la valutazione della variabilità genetica, siti di conservazione e riproduzione e politiche di sostegno alla biodiversità.
Marco Porporato ha parlato del tema sensibile del momento: difendere l’ape italiana dall’attacco della Vespa Velutina, il calabrone di origine cinese che, sbarcato in Francia nel 2004, comincia ora a diffondersi in Piemone e Liguria. E previsioni fosche lasciano intendere un’ulteriore espansione al Centro-Nord. Il docente del dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’università di Torino, ha illustrato come agisce il calabrone asiatico, paragonandolo a un elicottero d’assalto che attende le bottinatrci che rientrano e le aggredisce, per portare cibo alle larve. Il problema è rintracciare i nidi e distruggerli. Poche le difese delle api che non possono competere con questo “mostro” dotato di un esoscheletro resistente ai pungiglioni. Si possono, invece, installare trappole e cercare di individuare i nidi. E’ allo studio anche l’ipotesi di un radar che intercetti il predatore e lo segua fino al suo ritorno al nido. I danni sono enormi: agli apicoltori, all’ambiente e alle specie locali che rischiano l’estinzione.
Una relazione autoctonia e biodiversità è stata proposta da Cecilia Costa, del Cra-Api. Uno studio da lei condotto con colleghi europei ha dimostrato che le colonie locali sopravvivono più a lungo di quelle trasferite, producono più miele e sono meno aggressive. Oltre ai danni dei pesticidi, le api muoiono anche per lo scempio all’ambiente.
Santi Longo, dell’Università di Catania, è presidente della Commissione tecnica centrale dell’Albo degli allevatori api italiane. Longo ha tracciato lo studio sul recupero della specie Apis mellifera siciliana, il cui progeto di ricerca è stato finanziato dalla Regione e da Slow Food. Il progeto prevede zone di rispetto per far sviluppare colonie e produrre regine. Ha poi parlato del marchio api italiane per «distinguere, tutelare e promuovere la produzione e il commercio delle api nell’ambito dell’Albo nazionale degli allevatori di api italiane».
In chiusura è intervenuto Giuseppe Cacopardi, direttore generale dello Sviluppo rurale del ministero. Affrontando senza giri di parole i temi più caldi, Cacopardi ha detto che, nonostante la moria degli ultimi anni, la produzione di miele, dal 2008, è quasi triplicata toccando le 23mila tonnellate (anche se resta il dato che l’Italia produce il 50% del proprio fabbisogno, il che comporta l’import). Gli apicoltori sono 45mila, mentre quelli definiti imprenditori 10mila. Il totale degli alveari presenti è di 1.560.000. «L’ape italiana – ha affermato – è la migliore al mondo per versatilità, produttività e docilità». Il direttore ha detto che «il ministero sostiene Expo 2015 e crede nell’etichettatura per la difesa dell’origine di miele italiano e api italiane». Dopo aver affermato che, in base ad alcuni studi, non è certo il rapporto tra mortalità delle api e neonicotinoidi o altri agenti chimici – affermazione che ha provocato critiche in sala – Cacopardi ha sottolineato che «la sfida degli apicoltori è fare sistema. Il ministero spesso si scontra con l’industria alimentare, la quale usa tutti i prodotti esistenti al mondo e guarda soprattutto al prezzo. L’import dall’estero di 4mila api regine è un pericolo per l’integrità genetica della Ligustica allevata e selezionata in Italia». Riguardo alla salvaguardia della biodiversità, il direttore ha ricordato come «sia un obbligo nei nuovi Psr da qui al 2020. La stessa Pac consente l’accesso ai contributi anche per gli apicoltori. Come ministero, stiamo studiando con le Regioni il Programma nazionale della biodiversità».
L’apicoltura mondiale «tende a uccidere la biodiversità – ha avvertito Francesco Panella, presidente Unapi – perché gli apicoltori stessi guardano sempre più all’erba del vicino. E’ in atto un disastro genetico».
All'inizio delc onvegno, hanno portato i saluti il presidente di PiacenzaExpo, Angelo Manfredini, che ha sottolineato il succeso della Fiera dovuto soprattutto agli apicoltori; il responsabile del settore apistico della Provincia, Albino Libè; e il presidente di Apap (Associalzione allevatori piacentini) Roberto Pinchetti, il quale ha sottolineato con forza la necessità di salvare l'ape italiana.
Gianfranco Salvatori
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