Expo 2015, Vandana Shiva firma a Milano la carta dei diritti della terra coltivata, redatta dal prof. Andrea Farinet e dal nostro associato Giancarlo Roversi
Nella foto: Giancarlo Roversi, Vandana Shiva e Andrea Farinet
«La terra non ha voce, non parla. Ha la stessa dignità di un essere umano, lo stesso respiro. Ma da sola non può preservare la sua integrità». È con queste parole che Andrea Farinet, docente dell’Università Cattaneo, presenta la prima carta universale dei diritti della terra coltivata. Un documento, ispirato ai principi della carta dei diritti umani, firmato il 15 maggio a Milano all’interno del primo European Socialing Forum. Con l'obiettivo di tutelare la dignità terrestre attraverso sedici principi ideologici, che vanno dall'assicurare la sopravvivenza della biodiversità fino alla protezione delle foreste e alla salute dei mari. Pilastri ispiratori non solo per la cura della vita, ma anche in vista di Expo 2015, che è incentrato appunto sulla nutrizione del pianeta.
A sottoscrivere la carta durante l'incontro milanese, anche l'ambientalista indiana Vandana Shiva, autrice di pagine importanti sulla democrazia della terra e presidente dell’International Forum on Globalization.
I
DIRITTI DELLA TERRA- Quattro i pilastri fondamentali: dignità,
integrità, naturalità e fertilità. Sanciti dalla carta universale,
redatta da Farinet insieme a Giancarlo Roversi e frutto di un lavoro
di ricerca durato più di due anni. Per riuscire a preservare al
meglio la realta agricola italiana e internazionale. Inaugurando un
percorso di condivisione con le più importanti organizzazioni
agricole e ambientaliste mondiali. «Fino adesso», afferma Vandana
Shiva, «siamo stati ciechi di fronte ai bisogni della terra. Anche
perché la terra è generosa e ci permette di prendere senza chiedere
mai indietro».
SOPRAVVIVENZA
UMANA - Un prendere incessante che, nei secoli, ne ha compromesso le
funzioni vitali. Tra sfruttamento del suolo, uso di pesticidi e lo
spreco di terreni fertili per l’urbanizzazione. «La fertilità
della terra», prosegue Shiva, «è un aspetto centrale perché è
connesso con la sopravvivenza delle persone. La produzione di cibo,
infatti, deve avvenire tramite processi naturali e non chimici. È
assurdo che il biologico venga visto come un lusso, quando invece è
la base di quello che dovrebbe essere il cibo».
IL
RUOLO DI EXPO 2015 - Un punto di partenza per ripensare al valore
della terra sarà Expo 2015. In cui, tra 700 giorni, l’Italia sarà
chiamata a fare la sua parte insieme agli altri Paesi. E dove la
carta dei diritti della terra coltivata potrebbe essere una buona
opportunità per cominciare a cambiare la direzione delle cose.
«L’obiettivo», spiega Farinet, «è trasformare Milano nella
capitale mondiale della salvaguardia della terra. Dopo la carta,
infatti, si dovrà fondare il Palazzo della terra coltivata, la Banca
dei semi e il Tribunale internazionale dei diritti della terra
coltivata».
BIOECONOMIA
- Azioni di integrità ecologica per compensare gli squilibri
ambientali. E che per funzionare dovrebbero essere seguite anche
dall'economia. «Per cambiare rotta»,afferma Francesco Bertolini,
docente all'Università Bocconi e presidente del Green Management
Institute, «è necessario cambiare paradigma. Sviluppando un modello
bioeconomico che, per non spezzare l’equilibrio, restituisca
all’ambiente quello che prende. Ispirato al ciclo naturale invece
che al guadagno». Cambiamenti che passano dall'attenzione ai
terreni, all’uso delle energie rinnovabili fino alla
razionalizzazione delle risorse idriche. Senza dimenticare in tutto
questo il ruolo centrale della politica. «In questo momento»,
afferma Dipak Raj Pant, docente di sistemi economici comparati
all’Università Cattaneo, «si sente ovunque la mancanza di
governo. Al punto che il suo ruolo di protezione è stato
dimenticato. Mentre invece, nel caso della produzione di cibo, si
sentono benissimo l’influenza della speculazione e la sconfitta del
pensiero sociale». Un approccio, secondo il professore, incentrato
sui bisogni della finanza piuttosto che sulle necessità degli esseri
umani. Ma per cui è ancora possibile fare qualcosa, grazie anche
agli effetti della crisi economica che hanno spinto le persone a
rivedere la propria scala dei valori. «Quello che si può fare»,
conclude Pant, «è condividere le esperienze. Agendo soprattutto a
livello locale con progetti di agricoltura sostenibile. Esempi che
poi potranno diventare modelli e essere diffusi a livello
planetario».
Carlotta
Clerici
0 commenti