Gian Alfonso Roda: “Il vino, identità territoriale dell'Emilia Romagna"
di Roberto Aguzzoni
Gian
Alfonso Roda, Presidente dell’Enoteca regionale di Dozza, sullo
sfondo del caratteristico interno dei locali. La Rocca, risalente
all’undicesimo secolo d. C., dal 1970 è sede dell’Enoteca
Regionale Emilia Romagna. All’interno della rocca-enoteca di Dozza
si trovano circa mille “etichette”, provenienti da oltre duecento
produttori. Molti di questi vini si accostano perfettamente a piatti
di cacciagione.
La
rivista Diana, la più antica del settore venatorio in Italia (nata
nel 1906), sul n. 23/2012 ha pubblicato uno speciale “cacciagione e
vino” del quale fa parte un’intervista del socio Arga Roberto
Aguzzoni al presidente dell’Enoteca regionale dell’Emilia-Romagna,
Gian Alfonso Roda. All’interno dell’Enoteca, la Rocca Sforzesca
di Dozza, a pochi chilometri da Bologna, si trovano circa mille
“etichette”, provenienti da oltre 200 produttori associati.
L’Enoteca
tiene corsi ad hoc per far conoscere il mondo del vino, e organizza
eventi a tema (www.enotecaemiliaromagna.it;
info@enotecaemiliaromagna.it).
Inoltre, secondo un programma stagionale, sommeliers professionisti
guidano interessanti degustazioni.
D
– Presidente Roda, ci racconti delle origini dell’Enoteca, e del
ruolo che ha nella valorizzazione nazionale e internazionale delle
produzioni vinicole emiliano-romagnole.
L’Enoteca
Regionale Emilia Romagna è un’associazione di produttori nata nel
1970 e riconosciuta nel 1978 come ente di promozione della filiera
vitivinicola da un’apposita legge regionale. Il nostro obiettivo è
dare voce ai vini dell’Emilia-Romagna, aiutarli a confrontare le
proprie identità con quelle delle altre realtà vitivinicole
italiane e internazionali e creare opportunità commerciali per i
nostri associati. Le nostre produzioni, in qualche caso uniche al
mondo, sono cresciute negli ultimi anni e il nostro compito è quello
di farle conoscere organizzando eventi promo-commerciali in Italia e
nel mondo, promuovendo i vini regionali sulla stampa e coordinando
l’accesso dei nostri 250 associati ai fondi europei dedicati al
settore vitivinicolo.
D
– Parliamo del vino e dell’immagine del vino, insieme al cibo,
come antico prodotto della terra e come veicolo di cultura del
territorio.
Alla
nostra regione la storia ha regalato una varietà di vini che nelle
diverse province la fanno da padrone. La distinzione che più salta
agli occhi, ad esempio, è quella tra vini fermi e vini frizzanti,
che risale alle invasioni barbariche. In questi secoli bui le terre
dell’Esarcato di Ravenna, rimaste più a lungo in mano ai Romani,
ne conservarono la cultura alimentare fatta di carni di pecora (anche
oggi il castrato è piatto tipico in queste zone), di olio e di
latticini. Per bilanciare i sapori forti e l’untuosità, i
romagnoli impararono l’arte di addomesticarne i tannini del
Sangiovese. In Emilia, dove le abitudini culinarie fatte di burro,
grassi animali e carne di maiale portate dai Longobardi avevano
trovato buona accoglienza, ben presto si scoprì che le bollicine
aiutavano a pulire il palato e a digerire meglio pietanze ben
condite. Così, se in Romagna “e’ be’” è rigorosamente il
Sangiovese, dal bolognese andando verso Piacenza si entra nel regno
delle bollicine, siano esse il Pignoletto di Bologna, il Lambrusco a
Modena e Reggio Emilia, il Malvasia a Parma per arrivare a Piacenza
con il Gutturnio e l’Ortrugo.
D
- Possiamo quindi parlare, nel voler alimentare un processo
economico, di un cerchio che si chiude in sinergia fra prodotti e
cultura di un territorio?
Quando
si parla di prodotti tipici come il vino, economia e cultura di
territorio normalmente vanno a braccetto. Produrre vino, soprattutto
se si utilizzano vitigni autoctoni, significa portare avanti un
dialogo tra passato e futuro, poiché di vendemmia in vendemmia il
produttore porta avanti una tradizione secolare, ma lo fa in modo
moderno e spesso innovativo. Così anche i vini che rappresentano le
nostre identità locali evolvono con le nostre abitudini, con il
nostro gusto e con le nostre abitudini. Le attuali tendenze di
globalizzazione e di localizzazione danno un particolare valore ai
nostri vini, prodotti ben radicati nel nostro territorio ma capaci di
farsi apprezzare anche dagli stranieri raccontando uno stile di vita,
quello della nostra terra, della sua operosità e della voglia di
stare insieme che contraddistingue gli emiliano romagnoli.
D
- Qual è l’atteggiamento del pubblico verso le riscoperte dei
vecchi vitigni autoctoni e gli abbinamenti gastronomici?
Oggi
l’interesse per i vitigni recuperati è vivissimo, e non solo negli
emiliano-romagnoli, curiosi e orgogliosi di riscoprire un pezzo della
propria storia, ma anche nei turisti. Ogni volta che parliamo a uno
straniero di Burson o di Spergola, ma anche di autoctoni come
l’Albana e l’Ortrugo, vediamo accendersi la curiosità e non di
rado la degustazione termina con un acquisto. Quello che il turista
si sta portando a casa non è infatti solo un buon vino ma anche,
soprattutto, una storia. L’appeal di questi vini nasce infatti
prima di tutto da un racconto e dall’esclusività di un prodotto
difficile da trovare fuori regione e disponibile in quantità
limitate. Enoteca Regionale presta una speciale attenzione ai vini
tipici di micro-zone, sempre presenti tra le 1000 etichette della
mostra permanente. Oggi, anche la cucina casalinga è sempre più
spesso influenzata da tradizioni e sapori provenienti da continenti
diversi, così è facile perdere la bussola nella scelta del vino da
associare a una pietanza.
Allo
stesso tempo i consumatori giovani stanno diventando sempre più
aperti e curiosi: vogliono sperimentare liberamente anche abbinamenti
insoliti, bere quello che dà loro emozione e affrancarsi dalla
rigidità che per troppo tempo è stata associata al mondo del vino.
A questo pubblico in particolare, i vini dell’Emilia Romagna, con
la loro qualità e varietà, offrono un universo pieno di sorprese da
assaporare.
0 commenti