Diciotto giornalisti europei in Russia con Enaj, guidati dalla vicepresidente Lisa Bellocchi, per studiare l'evoluzione dell'agricoltura

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TRATTO DA TERRA E VITA
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Dopo le sanzioni dei paesi occidentali (e le contro sanzioni sulle importazioni) la Russia ha puntato sull'autosufficienza agroalimentare, conquistando primati anche nell'export cerealicolo e rafforzando quello lattiero caseario


di Giuseppe Di Paolo

Con un occhio alla qualità e all’ambiente, l’agricoltura russa è impegnata a incrementare le proprie produzioni anche in risposta alle sanzioni dei Paesi occidentali. Per raggiungere questo obiettivo, i russi contano molto sulla capacità di attrarre investimenti dall’estero, soprattutto nel settore dell’innovazione tecnologica.

Un impegno cui le ditte straniere non si sono certo sottratte. Tra queste c’è Barenbrug, multinazionale olandese impegnata  nella ricerca e sviluppo di soluzioni per la produzione di piante e sementi nei diversi settori del verde pubblico e privato, compresa la produzione di foraggio per gli allevamenti bovini da latte.

Prati-pascoli di qualità

Come ha detto il general manager di Barenbrug Russia Cornelius van der Berg, l’obiettivo della sua società è incrementare la quantità e la qualità delle immense distese di prati-pascoli dell’agricoltura russa salvaguardandone la fertilità e migliorando l’alimentazione negli allevamenti da latte. La Russia punta ad essere autosufficiente sul piano agroalimentare, favorita in questo dalle grandi pianure che consentono costi competitivi rispetto ad esempio ad analoghe produzioni italiane.
Dopo le sanzioni del 2014 dei Paesi occidentali, la risposta di Mosca con un embargo sull’import di prodotti alimentari americani ed europei (in sintesi: carne e pesce fresco, frutta, verdura, formaggi), quella che poteva essere un penalizzazione si è trasformata in un incoraggiamento per la produzione interna, incrementando la ricerca e l’importazione di tecnologie per migliorare la qualità e la quantità delle produzioni delle imprese locali.

Prezzo del latte sotto i 30 centesimi

Nel 2016 la Russia ha conquistato il primato mondiale delle esportazioni di cereali ed ora punta a incrementare la produzione lattiero casearia che, secondo i dati di Dairynews, organo di informazione delle industrie del settore lattiero caseario russo, è ancora deficitaria di 4,5 milioni di t per coprire il fabbisogno interno, ma è comunque cresciuta dai 16 milioni di t del 2013 ai 18 milioni del 2017, con prezzi del latte che variano dai 22-24 rubli (0,30-0,32 €) al litro nelle grandi imprese economiche, fino a scendere a 14-16 rubli (0,19-0,21 €) negli allevamenti della fattorie familiari, costi certamente più bassi del latte italiano.

Si punta sull’innovazione

L’innovazione agronomica viene sviluppata spesso con tecnici ed esperti occidentali come ad esempio, nel caso dell’attività di Barenbrug in terra russa, con Nick van Eekeren, coordinatore del programma allevamento di bestiame sostenibile e Agrobiodiversità del Louis Bolk Institute di Bunnik, Olanda. Il ricercatore è impegnato nei campi di produzione di foraggio per salvaguardare il biota, cioè il complesso degli organismi (vegetali e animali) che assicurano la produttività del terreno. Il successivo passaggio dal campo all’alimentazione in stalla viene seguito da Harmen van der Sluis, esperto di foraggi di Barenbrug: l’obiettivo è incrementare la qualità dell’alimentazione delle vacche per produrre un latte con maggiori contenuti di proteine e di grasso.

Ampie dimensioni aziendali

Un punto di forza dell’agricoltura russa risiede nelle dimensioni aziendali: la superficie media, secondo elaborazioni Dairynews su dati della Dia (agenzia di informazione russa sui prodotti lattiero-caseari), è di 138 ettari, con notevoli differenze tra le diverse tipologie di aziende.

Le imprese agrarie più grandi e i consorzi vantano una media di 407 ettari, mentre le imprese più piccole, soprattutto le fattorie familiari, hanno una media di 49 ettari. Ovviamente non mancano imprese che mettono insieme migliaia e migliaia di ettari, come Ferma Rosta (caseificio), Aisfer (produttore del marchio lattiero-caseario Pravilnoye Moloko) e il Sovchoz intitolato a Lenin, che, a dispetto del vecchio nome sovietico, da produttore di debiti di quando era una azienda statale gestita con dipendenti, si è trasformato in una società per azioni ed è diventato un esempio del processo di modernizzazione del Paese e dell'attenzione dedicata allo sviluppo dell’economia agricola e agroalimentare per sfruttare l’immenso potenziale delle risorse naturali del Paese.
Un processo che il Governo russo intende favorire agevolando l’accesso dei giovani alla terra, con la concessione per 49 anni di terreni a titolo praticamente gratuito. In quello che è il Paese con la più grande superficie al mondo e dove i terreni coltivati rappresentano solo il 13% dell’intero territorio, il potenziale di crescita agricola è quasi sconfinato.

Un viaggio di studio

Le informazioni sull’agricoltura russa sono state fornite durante un viaggio di studio organizzato dall’Enaj, l’associazione europea dei giornalisti dell’agroalimentare (European Network of Agricultural Journalists), cui è associata anche l’italiana Unaga, l’Unione Nazionale delle Associazioni Giornalisti Agricoltura, Alimentazione, Ambiente.

Al viaggio, organizzato in collaborazione con Barenbrug, multinazionale olandese di ricerca e sviluppo di piante e sementi nei diversi settori del verde pubblico e privato. Guidati dalla vicepresidente dell’Enaj, l’italiana Lisa Bellocchi, diciotto giornalisti di undici Paesi europei, hanno avuto modo di confrontarsi con esperti e ricercatori e con dirigenti di aziende e società russe nel settore dei foraggi e del lattiero-caseario della nuova agricoltura russa.

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