La tecnologia dei coloni ebrei ha vinto la sfida con il deserto - reportage di Alessandro Maresca

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Per gentile concessione del settimanale "Terra e Vita", pubblichiamo un reportage di Alessandro Maresca, redattore di Terra e Vita, tesoriere e componente del direttivo Arga Interregionale.




Colture in serra nel deserto di Arava




Il clima per lo più arido e la scarsità di risorse idriche non fanno di Israele un paese naturalmente vocato all’agricoltura. I coloni ebraici hanno però raccolto la sfida e sviluppato tecnologie di coltivazione e di gestione della risorsa idrica unici al mondo. Il successo dell’agricoltura israeliana è  dunque il risultato di una lunga battaglia contro l’aridità e le condizioni climatiche avverse, ottenuto grazie a un efficiente sfruttamento dell’acqua (privilegiando microirrigazione e riciclo) e dei limitati terreni coltivabili.
Oggi in Israele l’agricoltura rappresenta circa il 2,4 del Pil e circa il 2% delle esportazioni. Su  una forza lavoro complessiva di 2,7 milioni di persone, in Israele l’8,9% è occupata in agricoltura (6,3% nei e servizi e 2,6 nella produzione).
Il Paese produce oltre il 90% del proprio fabbisogno alimentare che viene integrato da prodotti importati, che comunque sono ampiamente bilanciati da quelli che prendono la via dell’esportazione. Anche la pesca è molto importante (intorno alle 30mila tonnellate di pesce all’anno) e oltre la metà del pescato è rappresentato da pesce di acqua dolce proveniente da allevamenti.
Gli agronomi e i tecnici israeliani hanno ideato nuove e sofisticate tecnologie e sfruttato al massimo quelle esistenti per “inventare” una florida agricoltura in un ambiente ostile per la coltivazione delle piante. In particolare vantano la creazione della microirrigazione, una tecnica che si è sempre più affinata nel tempo. Da Israele questo sistema irriguo si si è diffuso in tutto il mondo, non sempre però con gli stessi vantaggi ottenuti in Israele, visto il particolare contesto che richiede una specifica modalità di applicazione. In Israele gran parte dell’acqua viene anche riciclata e fatta circolare in tubature color viola, che spesso risaltano nei territori desertici, in modo che possa rimanere distinta.

Le strutture sul territorio

Il Paese vanta imponenti opere di bonifica e ambiziosi programmi di irrigazione che hanno reso fertili territori in precedenza inutilizzabili. Fra questi si mette in evidenza l’acquedotto Kinneret-Negev che dal Lago di Tiberiade porta l’acqua fino alle aree desertiche del sud del Paese.
Le aziende agricole che gestiscono i terreni israeliani sono strettamente legate alla colonizzazione del Paese, che nasceva nel 1948 alla scadenza del Mandato britannico della Palestina, l’unico a maggioranza ebraica (dei circa 7 milioni di abitanti infatti quasi l’80% sono ebrei, gli altri sono per lo più arabi palestinesi).
Le tipologie sono fondamentalmente tre: i kibbutz, i moshav e le moshava.
I kibbutz sono le strutture più radicali. Si tratta infatti di forme associative volontarie di lavoratori che non vengono compensati in danaro ma che ricevono dalla comunità tutto ciò di cui hanno bisogno. Inizialmente solo agricoli, in tempi più recenti i kibbutz hanno visto lo sviluppo anche di progetti manufatturieri, lavorazione di materie plastiche, ecc.
Più simili alle nostre cooperative sono invece i moshav. Nei moshav ogni azienda lavora separatamente ma la produzione viene commercializzata insieme a quella delle alle altre aziende del villaggio di appartenenza.  Le moshava, infine, sono invece le aziende gestite in proprio da imprenditori privati.
Per una delle leggi fondamentali (Basic Laws) di Israele, i terreni non possono essere venduti (se non ad ebrei che abitano all’estero). Per oltre il 90% sono di proprietà dello Stato, del Fondo nazionale ebraico e dell’Amministrazione israeliana dei terreni e possono essere affittati a lungo termine (99 anni) solo a ebrei.

La valle di Arava

Uno degli straordinari aspetti della lunga valle di Arava, tra il Mar Morto ed Eilat, è che nonostante sia praticamente tutta desertica, il 90% dei suoi abitanti si occupa con successo di agricoltura.
I coltivatori di questa vallata nonostante il terreno salino, la scarsità di acqua, e un sole cocente producono ottimi ortaggi, datteri, fichi e uva. Tutte le produzioni vengono effettuate con varietà localmente selezionate e per lo più sono destinate all’esportazione. Molte varietà di pomodoro contengono livelli elevati di licopene, un pigmento della famiglia del carotene con proprietà antiossidanti e tutte sono state studiate per garantire una lunga conservazione.
Alcuni coltivatori di Arava si sono anche specializzati nell'agricoltura biologica e senza suolo, cooperando  anche con i coltivatori Giordani con intensi scambi culturali attraverso il vicino confine.  Molte comunità di Arava offrono inoltre sistemazioni bed and breakfast  e tour della regione agricola con le sue attrazioni storiche e naturali.
La condivisione della conoscenza e delle informazioni in Israele è molto importante tanto che l'ente pubblico territoriale ha realizzato in questa zona un’avanzata stazione di ricerca che accoglie allievi da tutto il mondo, ma in particolare dall’Asia. Proprio dall’Asia, infatti, arriva gran parte della forza lavoro che permette alle aziende agricole israeliane di poter funzionare e prosperare.
Presso la Yair R&D Station si svolge ogni anno una delle più importanti fiere agricole israeliane, gli Arava Open Days. L’ultima edizione, che si è tenuta  il 30 e 31 gennaio scorso, ha visto 200 compagnie, provenienti da tutto il mondo, esporre i propri prodotti e servizi di punta nonché le più recenti innovazioni. Oltre 30mila i visitatori provenienti, oltre che da tutta la zona, dall’intero Israele e anche dall’estero.



Agli Arava Open Day gli stand della ricerca e delle case sementiere sono quelli più frequentati.


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SUL CAMPO
Le esperienze
degli agricoltori
Jacob Abudbul del kbibutz Gat (nel centro-sud del Paese), che gestisce 800 ettari di colture di pieno campo (cotone, mais, grano) e frutteto (agrumi, mandorle, melograni) ritiene che la salinità del terreno non sia assolutamente un problema.  «Il cloruro di sodio – afferma Abudbul  – contribuisce alla sapidità dei prodotti e solo quando questa supera certi limiti operiamo la desalinizzazione dell’acqua mentre un problema dei nostri terreni è spesso la carenza di ferro che dobbiamo integrare facendo uso di chelati (6 kg/ha)». Abudull dice di fare un uso abbastanza intenso nell’agrumento di rame per combattere la fitoftora e di prodotti per attenuare la carica batterica. Ma per limitare l’impiego di fitofarmaci, i concimi fosfatici rispondono bene a questa esigenza. Per portare a diametro i frutti, la concimazione fogliare è fondamentale. La produzione media di arance è di 400 tonnellate a ettaro per ottenere le quali vengono impiegati 8mila m3 di acqua». Il 95% della produzione viene esportata in particolare in Europa (Francia, Olanda, Germania).
Così come avviene nella maggioranza delle aziende agricole israeliane, anche qui viene fatta un’accurata analisi del terreno in base alla quale viene preparato un concime liquido ad hoc per la specifica coltura (la fertirrigazione, legata all’irrigazione a goccia, è un intervento fondamentale), che il commerciante recapita direttamente in campo all’agricoltore.
Il 2013 si presenta per Israele come un’annata particolare molto ricca di piogge che hanno favorito l’accumulo di acqua, una risorsa preziosa per il territorio. «L’annata – affermano gli agricoltori israeliani – si presenta molto favorevole per noi, ma anche per i produttori di concimi. L’acqua infatti ha anche dilavato l’azoto per cui sono necessari ulteriori interventi fertilizzanti».
Un sistema informativo efficientissimo è alla base dell’agricoltura israeliana. «In base al clima, alle analisi del terreno e fogliari e alle ispezioni alle colture  – ci spiega un responsabile della Tali Grapes (Moshav Lachish che comprende 66 coltivatori) che produce soprattutto uva da tavola  all’interno del parco nazionale archeologico Tel Lachis (nel centro di Israele) – il nostro servizio agronomico ogni settimana ci manda una mail con le raccomandazioni relative agli interventi da effettuare».
La raccolta dell’uva avviene fra fine maggio e inizio giugno ma in coltura protetta si può anticipare di 2-3 settimane; l’uso di reti rosse o gialle, invece ritarda la maturazione. Grazie alle ombreggiature la maturazione dell’uva può essere spostata anche fino a ottobre (e anche dicembre). Irrigazione e fertirrigazione sono sempre computerizzate.
Nei dintorni della Shizaf  Reservor, una riserva d’acqua  con una capacità di 150mila m3 nel bel mezzo dell’Arava, si è sviluppata una fiorente agricoltura che prevede in particolar modo coltivazioni in serra (peperoni, pomodori, melanzane e uva da tavola) e di datteri.
«Anche se produciamo solo in inverno, la disponibilità di acqua – ci spiega un agricoltore locale – per noi è molto importante sia per raffreddare il terreno (irrigazione lenta e continua) che per dilavare i sali in esso disciolti (irrigazione rapida). Per raffreddare il terreno in serra servono circa 70 m3/ha mentre una pianta di datteri richiede circa 1.000 l/giorno. Il nostro sbocco commerciale è quasi esclusivamente verso l’estero (almeno l’80%) in quanto la richiesta interna risulta modesta e soprattutto instabile».

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