Visita Unaga a Castelporziano. Oasi del Presidente delle Repubblica

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Un leccio di quasi 900 anni, che sfida le leggi di gravità; le vestigia della villa che l'imperatore Commodo si fece costruire in campagna, per sfuggire una pestilenza che imperversava a Roma; un fontanile del '500, sopravvissuto a molti altri, tolti di mezzo; i cavalli dei Corazzieri lasciati a pascolo libero per godersi un periodo di vacanza durante l'anno oppure la “pensione” quando arrivano a "fine carriera". Questo e molto altro si può ammirare visitando la Tenuta Presidenziale di Castelporziano, un'area di circa 6.000 ettari a 20 chilometri da Roma. Scrigno di sorprendente varietà naturalistica e residenza estiva del Presidente della Repubblica, la Riserva si estende da poco oltre la via Cristoforo Colombo fino al mare.

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La grande struttura, che ha anche un Borgo antico, con sale di rappresentanza e musei, è curata dal Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, coadiuvato dai Carabinieri Forestali. Da poco meno di un anno, questo stupefacente coacervo di tesori naturalistici, ambientali ed archeologici (finora a beneficio esclusivo del Presidente della Repubblica e dei suoi ospiti) è aperto alle visite, che possono essere prenotate sul sito quirinale.it con agevolazioni per scolaresche, studenti, anziani e disabili. I visitatori sono identificati all’ingresso e poi accompagnati lungo il percorso da personale cortese, appassionato e competente, che risponde instancabilmente alle infinite domande dei turisti.

Abitata dall'uomo fin dall'età preistorica, sulla base di documenti medievali Castelporziano risulta derivare il proprio nome dalla ricca presenza di porci. Secondo la leggenda, sulle sue coste sbarcò Enea fuggiasco da Troia. La zona è stata di volta in volta sede di residenze imperiali romane; parte del sistema medioevale di difesa costiera dai pirati; terra negletta infestata dalla malaria; riserva di caccia dei re d'Italia. Allo Stato italiano pervenne nel 1872, tramite l’acquisto che ne fece l’allora ministro delle finanze Quintino Sella.

Oggi, la laboriosa manutenzione del complesso ecosistema permette alcuni risultati d’eccellenza, come il mantenimento in purezza della razza bovina maremmana e del capriolo della varietà italica. Ma nella Tenuta abitano quasi tutte le specie animali presenti in Italia; vi sono state censite circa 3000 varietà d'insetti ed una lista analogamente ricca di specie vegetali. In particolare, questo territorio, ricco di preziosa macchia mediterranea, è l’ultimo lembo incontaminato, di quelle vaste foreste che, fin dall’antichità, si estendevano lungo tutta la costa laziale.

Circa 1000 ettari sono recintati e dedicati all'allevamento e alle coltivazioni; la maggior parte è costituita da bosco mediterraneo (pinete, querceti, sughereti, ciascuno con il proprio sottobosco tipico), con una percentuale lasciata completamente allo stato selvaggio.

Sede importante di una ricerca che si svolge su scala mondiale, Castelporziano ospita un centro di inanellamento degli uccelli migratori, che passano sopra la Tenuta nei loro viaggi intercontinentali: alcuni volano addirittura dal Sud Africa alla Finlandia. Catturati con una "mist-net", una rete sottilissima che non danneggia nemmeno i più piccoli, i volatili vengono pesati, misurati, valutati per la quantità di grasso e per la muscolatura del petto. Con un'apposita pinza viene fissata la zampa un leggerissimo anello che identifica univocamente ogni esemplare censito, rimesso poi prontamente in libertà. Ad altri migratori, di maggiore dimensione, vengono applicati anche sofisticati apparecchi elettronici (del peso di circa 20 grammi) che ne permettono la geolocalizzazione. Gli esperti di Castelporziano spiegano con passione ai visitatori come i dati dell’inanellamento aiutino gli ornitologi a conoscere le mirabili abitudini degli uccelli.

Si è scoperto ad esempio che all’andata e al ritorno le migrazioni avvengono con percorsi e velocità diversi. Quando lasciano le località africane dove hanno svernato, per dirigersi a nord verso le aree di riproduzione, gli stormi hanno fretta: volano dritti verso nord; attraversano anche il deserto e spazi ampi di mare in cui non hanno possibilità di posare, pur di arrivare nei tempi dovuti ai luoghi della fecondazione e della cova. In questo colossale raid, fino al 50 per cento degli esemplari può perdere la vita, subendo una severa selezione naturale che permetterà di riprodursi solo ai più forti. Al ritorno, quando non c’è fretta, le colonie preferiscono itinerari di volo più facili, che consentano soste sulla terraferma; anziché sul deserto preferiscono volare verso sud passando sopra le più accoglienti coste occidentali dell’Africa. 

Lisa Bellocchi

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