L'agricoltura emiliana parla altre lingue. Sono mille le aziende gestite da imprenditori stranieri
Sono
mille le aziende agricole dell’Emilia Romagna gestite da imprenditori
stranieri. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base dei
dati Inea-Infocamere divulgata
in occasione dell’Assemblea elettiva del nuovo presidente nazionale di
Coldiretti.
Il
numero delle aziende emiliano romagnole guidate da stranieri – informa
Coldiretti Emilia Romagna – rappresenta l’1,3% del totale delle imprese
agricole e sono cresciute
dell’1,9% tra giugno 2012 e giugno 2013, in controtendenza rispetto
all’andamento delle aziende italiane che nello stesso periodo hanno
fatto registrare una flessione del 4,1%.
Dopo
i grandi marchi del Made in Italy – commenta Coldiretti Emilia Romagna –
gli stranieri assaltano le campagne italiane con un aumento a livello
nazionale dell’11 per
cento delle aziende agricole passate in mani estere durante gli anni
della crisi ed oggi in Italia si conta un totale record di 17.286
imprenditori agricoli stranieri.
Gli
investimenti nelle aziende agricole – sostiene la Coldiretti – non sono
infatti delocalizzabili e le opportunità di sviluppo che possono creare
sono legate ai territori
italiani, a differenza di quanto accade per le altre attività
economiche, dove spesso al passaggio di proprietà ha fatto seguito la
chiusura degli stabilimenti ed il loro trasferimento fuori dai confini
nazionali”
In
testa agli imprenditori stranieri nell’agricoltura emiliano romagnola –
informa Coldiretti – ci sono i Francesi con il 18,4% del totale delle
proprietà agricole straniere.
Subito dopo sul podio ci sono gli Svizzeri (14,8%) e i Rumeni (10,7%).
Seguono la Germania (8,8%), la Gran Bretagna (7,5%), l’Albania (4,4%),
il Belgio e l’Argentina (4,3%), Stati Uniti (3,4%) e la Polonia (3,,2%).
Più distanti Libia, Paesi Bassi, Venezuela,
Canada, Marocco, Serbia e Montenegro, Austria.
Gli
imprenditori agricoli stranieri non provengono solo da economie forti;
in più, a scegliere la nostra regione sono soprattutto i giovani, con
più della metà degli investitori
(54%) che hanno meno di 50 anni.
Gli stranieri investono nell’agroalimentare Made in Italy perché gli ottimi risultati fatti segnare sul mercato estero, grazie all’immagine conquistata nel tempo, dimostrano che nel settore, anche se non c’è ancora il giusto reddito, c’è una prospettiva di futuro che non viene adeguatamente riconosciuta in Italia dove troppo spesso - sostiene la Coldiretti - si preferisce guardare al contingente e non al modello di sviluppo sul quale puntare per far crescere il Paese e cioè le leve uniche ed inimitabili di distintività come il cibo, il territorio, la tradizione, la cultura e il paesaggio.
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